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lunedì 6 giugno 2011

De Magistris, non Masaniello.

Masaniello.
Nel celebrare la vittoria di De Magistris, molti napoletani in festa hanno commentato così: "Finalmente è tornato Masaniello". In realtà bisogna sperare, sia per loro che per il nuovo sindaco, che non si tratti di un revival. La storia di Tommaso Aniello, in arte Masaniello, pescivendolo e capopopolo della rivolta del 1647, è una storia tragica e senza speranza, con ben poche assonanze rispetto al percorso appena intrapreso dall'ex magistrato. L'avventura del ribelle del XVII secolo iniziò e si esaurì nel giro di dieci giorni di un luglio infuocato, non tanto per ragioni climatiche, quanto per le rivolte che seguirono l'ennesima vessazione fiscale imposta dal viceré spagnolo. La sommossa, partita dalla maleodorante Piazza del Mercato e guidata da questo giovane pescatore al grido Viva lo re, mora lo malgoverno, degenerò presto. Sebbene coi suoi provvedimenti la pressione fiscale fosse calata, alcuni suoi iniziali compagni di lotta lo tradirono, preoccupati dal fatto che Masaniello stesse assumendo atteggiamenti dittatoriali e accenti sempre più giacobini. Il suo giustizialismo verso i sostenitori del vecchio potere si era spinto all'estremo; furono i suoi stessi amici ad avvelenarlo e a farlo fuori, ristabilendo lo status quo. Il suo corpo fu gettato vicino a un cumulo di rifiuti (toh...) e la città, nuovamente vessata, ricadde sotto l'arroganza del duca d'Arcos.
De Magistris
I napoletani di oggi ne hanno fatto sopravvivere la leggenda, avendolo issato a simbolo di una lotta estrosa contro il potere costituito e contro le amministrazioni egoiste e disoneste. De Magistris è diventato il suo erede nell'immaginario collettivo perché incarna lo stesso spirito di rottura con la cattiva gestione precedente e forse perché quel cattivo odore di cui parlavano le cronache di 364 anni fa è ancora molto diffuso. Per questo nessuno più dei cittadini partenopei ha  bisogno di una ventata di cambiamento, ma i presupposti sono ben diversi; il neosindaco è nato al Vomero, nella parte ricca, è un ex giurista ed è, per quanto una certa stampa si sforzi a dipingerlo come un pericoloso estremista, tutt'altro che un avventuriero. 
La sua missione è il ripristino della legalità in una terra che non cerca capipopolo, ma risposte concrete. L'incarico che gli è stato conferito ha il chiaro significato di sbarrare il passo agli imbonitori di piazza e la speranza di tornare a seguire la legge sotto la guida di un'amministrazione che non si faccia legare le mani da quelle organizzazioni criminali che l'hanno ridotta in un perenne stato di emergenza. 
Poco prima di essere ucciso, già sotto i fumi dell'allucinogeno somministratogli, Masaniello urlava alla folla disperato : "Ti ricordi, popolo mio, com'eri ridotto?". Adesso quella gente, imprenditori e operai, commercianti e disoccupati, ha preso coscienza e inviato il suo segnale. Sta a De Magistris scrivere una storia diversa e ridare speranza a una città troppo spesso abbandonata dalle istituzioni. 

martedì 31 maggio 2011

Fiori d'arancio, avanti di slancio.

Giuliano Pisapia
Le svolte si fondano su azioni e parole. Hanno facce nuove e storie innovative; hanno simboli e soprattutto colori inusuali. E da ieri una nuova Italia, dopo aver ritrovato il gusto di avvolgersi nel tricolore non solo per motivi sportivi, ha fatto una chiara scelta cromatica e si è colorata di arancione; bandiere, magliette, striscioni, sciarpe e palloncini hanno spazzato via il grigiore di una politica salottiera ed elitaria, facendo da sfondo a un cambio di passo culturale ancor prima che politico.
Nell' antica Roma le spose si vestivano di arancione, perché esso era simbolo di calore, il più adatto a rappresentare l'unione dei sentimenti nel matrimonio. Nel 2011 le cose non sono cambiate: la sinistra ha messo da parte le sue bandiere e i suoi vecchi colori; non lo ha fatto rinnegandoli; li ha fatti incontrare ed è stata la sua gente a sposare questa creazione. Intorno all'arancio si è stretto il popolo di Milano che aveva smesso di amare quel colore (paradossi...) dai tempi degli olandesi del Milan di Sacchi; e lo stesso hanno fatto i napoletani, forse anche perché hanno capito che era quello che più risaltava con l'azzurro del loro cielo e delle loro passioni.
Del resto, proprio per questa sua capacità di spiccare, è il colore usato nella segnaletica stradale per marcare le differenze e segnalare i pericoli. Proprio come nella politica del nostro paese, esattamente com'era successo in quell'Ucraina di qualche anno fa, liberata dalle oligarchie e dalla corruzione del vecchio sistema di potere attraverso una rivoluzione pacifica guidata da Yuschenko e dal suo popolo arancione.
Luigi De Magistris
In certe religioni ha poi un valore molto profondo: nell'induismo significa rinuncia ai beni materiali e i monaci buddisti, espressioni viventi di calma e serenità, lo portano sulla loro veste; impossibile non collegarsi alle parole di Vendola, a quel suo entusiasmo nell'avere sconfitto una Milano affarista e al suo desiderio di abbracciare tutti quei popoli vogliosi di pregare la divinità prediletta.
Mentre la destra sbraitava contro la possibile deriva estremista, nel paese avanzava una forza tranquilla e dirompente, inarrestabile ed efficace come quei discorsi detti sotto voce, ma diretti al cuore.
Resta un dubbio: l'arancione è un ibrido, così come la coalizione vincente; sarà il prossimo futuro a stabilire se la sua eterogeneità sarà la sua forza o una debolezza. Quello che dovrà fare sarà seguire una regola di educazione stradale e comportarsi come ai semafori: rallentare a un passo dall'incrocio quando si accende l'arancione non è prudenza, è farsi tamponare. Dovrà accelerare, altrimenti la constatazione dei suoi elettori sarà tutt'altro che amichevole: il loro desiderio lo hanno espresso e sperano che quel colore sia anche quello del tramonto di un modo di rappresentarli ormai improponibile.