martedì 31 maggio 2011

Fiori d'arancio, avanti di slancio.

Giuliano Pisapia
Le svolte si fondano su azioni e parole. Hanno facce nuove e storie innovative; hanno simboli e soprattutto colori inusuali. E da ieri una nuova Italia, dopo aver ritrovato il gusto di avvolgersi nel tricolore non solo per motivi sportivi, ha fatto una chiara scelta cromatica e si è colorata di arancione; bandiere, magliette, striscioni, sciarpe e palloncini hanno spazzato via il grigiore di una politica salottiera ed elitaria, facendo da sfondo a un cambio di passo culturale ancor prima che politico.
Nell' antica Roma le spose si vestivano di arancione, perché esso era simbolo di calore, il più adatto a rappresentare l'unione dei sentimenti nel matrimonio. Nel 2011 le cose non sono cambiate: la sinistra ha messo da parte le sue bandiere e i suoi vecchi colori; non lo ha fatto rinnegandoli; li ha fatti incontrare ed è stata la sua gente a sposare questa creazione. Intorno all'arancio si è stretto il popolo di Milano che aveva smesso di amare quel colore (paradossi...) dai tempi degli olandesi del Milan di Sacchi; e lo stesso hanno fatto i napoletani, forse anche perché hanno capito che era quello che più risaltava con l'azzurro del loro cielo e delle loro passioni.
Del resto, proprio per questa sua capacità di spiccare, è il colore usato nella segnaletica stradale per marcare le differenze e segnalare i pericoli. Proprio come nella politica del nostro paese, esattamente com'era successo in quell'Ucraina di qualche anno fa, liberata dalle oligarchie e dalla corruzione del vecchio sistema di potere attraverso una rivoluzione pacifica guidata da Yuschenko e dal suo popolo arancione.
Luigi De Magistris
In certe religioni ha poi un valore molto profondo: nell'induismo significa rinuncia ai beni materiali e i monaci buddisti, espressioni viventi di calma e serenità, lo portano sulla loro veste; impossibile non collegarsi alle parole di Vendola, a quel suo entusiasmo nell'avere sconfitto una Milano affarista e al suo desiderio di abbracciare tutti quei popoli vogliosi di pregare la divinità prediletta.
Mentre la destra sbraitava contro la possibile deriva estremista, nel paese avanzava una forza tranquilla e dirompente, inarrestabile ed efficace come quei discorsi detti sotto voce, ma diretti al cuore.
Resta un dubbio: l'arancione è un ibrido, così come la coalizione vincente; sarà il prossimo futuro a stabilire se la sua eterogeneità sarà la sua forza o una debolezza. Quello che dovrà fare sarà seguire una regola di educazione stradale e comportarsi come ai semafori: rallentare a un passo dall'incrocio quando si accende l'arancione non è prudenza, è farsi tamponare. Dovrà accelerare, altrimenti la constatazione dei suoi elettori sarà tutt'altro che amichevole: il loro desiderio lo hanno espresso e sperano che quel colore sia anche quello del tramonto di un modo di rappresentarli ormai improponibile.
    

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