In un' Italia che si appresta a decidere il suo destino, sfruttando o meno l'occasione referendaria per spazzare via l'agonizzante governo in carica, in pochi si sono ricordati che un tragico 11 giugno di 27 anni fa moriva a Padova Enrico Berlinguer.
Quattro giorni prima era stato colpito da un ictus durante un comizio. Quel giorno, soffrendo visibilmente, portò comunque a termine uno di quei solidi discorsi di lotta e di speranza capaci di rendere possibili i sogni di un elettorato che si era sempre vista preclusa la guida del governo. Enrico Berlinguer era un anti divo, per quanto un certo culto della personalità tipico del passato comunista lo avesse reso un "personaggio". Era un uomo schivo, che passava per triste ma in realtà riservava alla sua sfera più intima la sua gioia di vivere; aveva a che fare con troppi problemi per sorridere di fronte alla realtà di quegli anni: la conventio ad excludendum, la presa di distanza da Mosca, il fallimento del compromesso storico, l'eterna e vana rincorsa a un potere che nascondeva gelosamente le sue stanze.
E poi la tanto attuale questione morale, da lui evocata nel lontano 1977, quando decise di denunciare la deriva di un sistema di potere che stava perdendo di vista il bene comune. Non piaceva a tutti, per la verità: su Repubblica una vignetta di Forattini lo ritraeva intento a prendersi un thè in un borghese caffè mentre fuori infuriava la protesta sociale; Scalfari denunciò gli eccessi del culto della sua figura in uno storico articolo che titolava "Berlinguer non è la Madonna".
Delimitare il pensiero di quest'uomo e la sua volontà di trascinare al cambiamento, portando allo stesso tempo fuori dal dogmatismo sovietico, il suo partito, non è riassumibile in un post.
Quello che posso fare per farvi riflettere su chi era Enrico Berlinguer è lasciarvi delle immagini: quelle del suo ultimo comizio e quelle dei suoi maestosi funerali di popolo.
Quel giorno l'allora Presidente della Repubblica, l'indimenticabile Sandro Pertini, si chinò con la testa sulla bara e la baciò; pochi giorni prima aveva portato via, con l'aereo di Stato, la bara dall'ospedale di Padova in cui era accorso per rendergli visita, dicendo semplicemente: "Lo porto via, come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta". Erano tempi in cui certi politici sapevano sempre trovare le parole.Prima di essere portato via, in quel tragico comizio, trovò la forza di dire: "Compagni, proseguite il vostro lavoro, andate casa per casa, strada per strada." Furono le sue ultime parole.
Aggiungerne altre da parte mia sarebbe davvero superfluo.
Vi lascio alle immagini.
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