Alberto Bonanni |
Alberto Bonanni era un musicista. Aveva 29 anni. Sabato era andato a sentire un po' di musica dal vivo in un locale del rione Monti a Roma. All' uscita viene apostrofato da un abitante della zona, un signore poco tollerante riguardo alle emissioni sonore del pub. Pochi minuti dopo Alberto è a terra, in un lago di sangue, oggetto di una violenza che verrà rubricata come "futili motivi", ma che in realtà trova origine da cause davvero spaventose. Chi lo ha colpito in quella strada non aveva una reale motivazione, forse neanche quella tanto citata sui giornali del "segnare il territorio".
Chi ha ucciso questo ragazzo non aveva di meglio da fare in quel momento. Questa è la futile e tragica verità, di fronte alla quale adesso piangiamo. Non serve strumentalizzare una fazione politica per una poco riuscita operazione sicurezza. Non serve a niente adesso lanciare accuse o ricordare quello che veniva promesso in campagna elettorale. Però abbiamo il dovere di capire cosa spinge un ragazzo a scatenare una rissa, a risolvere i conti o quello che è, colpendo l'altra persona, simulandone l'eliminazione fisica o addirittura compiendola. Di tutte le dichiarazioni stereotipate e idiote che sono seguite a questo episodio, una sola, credo, sia andata nella direzione giusta; l'ha fatta Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, parlando della "necessità di mettere in atto una controffensiva culturale e sociale". Esatto, questo è il problema vero.
Tempo fa in un locale notturno, un ragazzo evidentemente su di giri mi stava per "menare". Alla mia richiesta di spiegazioni, si è ulteriormente agitato. Poi si è calmato, dicendomi che si scusava: "Ahò fratè, sto fatto. Devo mettere le mani addosso a qualcuno!".
Mi ha fatto pena, perché nei suoi occhi c'era il vuoto di chi sapeva che non c'era niente di meglio, niente di più emozionante da fare in quella sera. Il giorno dopo avrebbe raccontato agli amici della sua bravata, accompagnando la sua descrizione di cruda virilità con gesti già visti, espressioni già sentite. Banali. Vuote. Quando si parla di quei giovani che si sono ribellati al sistema politico attuale e all'idea di una politica delegata e lontana, non bisogna dimenticarsi che c'è ancora una periferia sociale sempre più estesa, rassegnata, molto propensa a tirare un cazzotto e poco a fermarsi a pensare. Senza capire che sta facendosi più male di quanto riesca a causarne. Per questo serve una politica che accolga, senza strumentalizzazioni; che ascolti, senza urlare alla luna.
E anche che si guardi un po' più intorno. Scendendo da un'auto blu e facendosi due passi in giro. Questo sarebbe "stare sul territorio". Non alzare la saracinesca di una sterile sede di partito.
Quanto a te, Alberto, riposa in pace. Magari da un'altra parte sarà tutt' altra musica.
Purtroppo anche dove c'è musica può accadere qualcosa di orribile. Non si tratta di musica 'maledetta', che a suo modo è una cultura, quanto meno l'esternazione di alcuni pensieri che ognuno può condividere o no. Mani che suonano una chitarra, una batteria, o che stringono un microfono non uccidono. La tragedia di cui parli, Claudio, è tutt'altro. Appena ti ho letto sono stata per piangere, per una ovvia compassione umana. Come sai, sono a Parigi per il congresso mondiale del glaucoma. Tra le centinaia di partecipanti, ci siamo noi, decine e decine di coetanei o quasi di Alberto. Siamo nati e studiamo e lavoriamo in luoghi diversissimi, che vanno dall'Upper East Side di NYC ad un villaggio del Burkina Faso, da Singapore all'agglomerato di case sulle Ande. Ci rendono felici i lavori che pubblichiamo, gli applausi che riceviamo, come i flirt nei coffee e lunch-breaks (perdona l'inglese) e le uscite serali nei bistrot parigini a mischiare la musica con le nostre risate ed i nostri discorsi, in un inglese reso più fluente dal Pastis. Il pianto è stato sopraffatto dalla rabbia per il fatto che alcuni coetanei rovinino la vita propria e di altri, ma soprattutto dall'amarezza per il vuoto che questi comportamenti svelano. Inutile ed ulteriormente triste commentare l'accaduto. Un sentito augurio (stavo per scrivere raccomandazione, ma sto diventando allergica a questo termine paternalistico): entusiasmatevi per qualcosa, per qualcuno...non può esistere vuoto laddove ci sia entusiasmo. Barbara
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